Pietro Grattoni d’Arcano

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Un coetaneo di Cordans musico e diplomatico: Pietro Grattoni d’Arcano (1698-1760). Note biografiche

Anche se la figura di Pietro Grattoni d’Arcano è stata oggetto di precedenti interventi [1], il restauro a cura della Soprintendenza archivistica per il Friuli Venezia Giulia di alcuni cartolari dell’archivio famigliare ha consentito il ritrovamento di ulteriori documenti che ne consentono un più approfondito inquadramento.

Verso la fine del Seicento, quando nacque Pietro, la famiglia si reggeva su un’economia più che altro di natura agricola derivante dal patrimonio fondiario che, seppur ridimensionato rispetto ai secoli precedenti, ancora si presentava piuttosto cospicuo, risiedendo ordinariamente a Udine nel palazzo in borgo Aquileia, a Cividale e, in campagna, nel castello di Arcano superiore, alla Brunelde presso Fagagna, a Flaibano, a Santo Stefano presso Udine e a Chiopris.

Proprio a Chiopris, l’8 settembre 1698, in anticipo, nasce Pietro, da Antonio e da Margherita Formentini [2]. Di questa nascita abbiamo l’affettuosa testimonianza della prozia Scolastica d’Arcano che, con una lettera, informava il nipote – allora a Venezia per seguire alcuni affari di famiglia – della venuta al mondo del suo secondogenito: [3]

Prematuro ad ogn’uno quanto alla aspettatione, ma non quanto alla natura, vostra moglie hier sera alle 3 in villa ha dato alla luce di questo mondo un bellissimo figliolo maschio et di buona prosperità che servirà di consolatione per magior stabilimento de la nostra Casa et anco di allegrezza di tutti noi et di me in particolare per la stretta dipendenza di consanguinità che li tengo.

Rallegrandome dunque con vostra eccellenza con magior affetto, pregando Dio per la conservatione delli figlioli et di tutte le magiori prosperità dovute al merito, mentre mi confermo di vostra eccellenza illustrissima

Udene, 9 settembre 1698

Devotissima et obligatissima serva et zia

Scholastica Arcana

La coppia aveva già un figlio, Girolamo, nato due anni prima, mentre nel 1699 nascerà il terzogenito Nicolò [4].

Secondo l’uso del tempo, i tre fanciulli ebbero istruzione in casa ad opera di don Matteo Colombi (1672-1756)[5], affiancato per la musica – dal 1706 al 1715 – da don Giuseppe Grazia (†1723), mansionario e vicemaestro di cappella nel duomo udinese[6]. Dopo questa data e per quattro anni, le lezioni di musica continuano solo per Pietro coinvolgendo il noto compositore Benedetto Bellinzani, allora maestro di cappella nella medesima chiesa[7]. La cessazione dei pagamenti al Bellinzani, nel 1719[8], probabilmente coincide con il trasferimento a Venezia di Pietro che, in ogni caso, si sa con certezza dimorante nella città lagunare dal 1721 presso i cugini Badoer[9]. Probabilmente già in questi anni entra nella diplomazia veneziana giacché in una lettera del 20 agosto 1725 indirizzata al padre così si esprime: «Et hora che le pratiche sono andate a buon fine, dirò che ogni fatica mia e vostra anco se fusse stata mille e mille volte più grave saria nulla in cambio delli compiti ottenuti»[10].

Sempre in questi anni nasce il rapporto di collaborazione con Antonio Zanini o Zanino (1702-1784) che gli farà da segretario per tutta la vita a partire almeno dal 1722[11], continuando a vivere in famiglia fino alla morte[12].

Proprio in un suo libretto di memorie e di massime morali abbiamo questo freschissimo ritratto di Pietro:[13]

È il mio padrone di statura mezzana, d’incarnato scuro e pelo negro, di carattere forte e quadro.

Apartiene egli ad una fra le più nobili e antiche case della Patria, che dissende, si dice, dalli antichi regi di Liburnia, venuti quivi al tempo di Gisulfo duca, e per loro auttore riconoscono detti Signori un tal Silgiberto re di Crovazia e Slavonia, del qual conservano in casa una medaglia d’oro antichissima con le sue fattezze. Nelli tempi passati ebbero le cariche e prerogative di portare il stendardo del patriarca d’Aquilegia e furno maraschalchi et una delle quatro case che lo ponevano in sedia.

È egli buono e condissendente ma volubile, trovandolo a volte immerso ne’ più cupi vapori, al che se ne sta solo e ne’ vole sentir ne’ parlar con alcuno. Per questa sua volubilità anco l’ordinaria dolcezza del carattere s’invola talvolta per improvisi scopi d’ira che gli fanno venir il volto pavonazo e sembra altra persona, divenendo duro e ostile sovra l’inimaginabile e fa paura. Ordinariamente è egli comunque dolce e compasionevole; legge molto, massime li poeti, e nella musica, che coltiva con onore, trova modo d’esplicare per intiero la dolcezza e finezza della vera indole sua. È egli stimato grandemente dal Prencipe [= il doge] che gli affida sovente missioni dilicate e particolari e per questo è obligato a corer in su e in giù di continuo, et io con lui.

Infatti dallo spoglio della corrispondenza di Pietro si può ricostruire – sia pur in modo certamente approssimativo e forse con più di una lacuna – le tappe della sua vita di diplomatico. Si sa che dal 1729 al ‘31 fu alla corte di Vienna[14] e che in questo periodo fu in relazione con Federico Augusto II, giacché sul frontespizio di una cantata datata 1731 è qualificato «Consigliere di Campo di Sua Maestà Federigo Augusto Re di Polonia e Grande Elettore di Sassonia»[15]. Dal 1735 al ‘37 è a Londra[16], nel 1737 a Versailles[17] e ancora a Vienna[18], dal 1739 al ‘40 nuovamente a Versailles[19], dal 1742 al ‘44 ancora a Londra[20], nel 1747 in Ungheria[21], nel 1750 a Digione[22].

Il carattere «forte e quadro» – come lo definisce il suo segretario – emerge anche da una lettera dello Zanini indirizzata al fratello di Pietro, Girolamo. Era successo che un loro parente, Antonio di Polcenigo e Fanna, vescovo di Feltre qualche decennio prima, aveva istituito alcune ‘grazie’ per aiutare fanciulle indigenti della sua diocesi, benefici che alcuni maggiorenti feltrini – col probabile aiuto dell’autorità – distraevano per altri scopi. Pietro fu incaricato dai proprî parenti Arcano e Polcenigo di risolvere la questione e così riferisce lo Zanini:[23]

L’altro dì andarimo a Feltre per agiustar quel affare che fu sì sforzato che al solo pensiere mi sento cadere. Subito giunti colà, l’anticamera si durava già da una mezza ora in circa. Il signor conte Pietro di già era nervoso che non pareva nulla di buono, e sentendo questo fu lui proprio che mi disse di andar io per lui, e mi diede le carte de le grazie. Fu poi il cameriere e fui introdotto dall’illustrissimo governatore a cui esposi a più rate le ragioni vostre e sempre ribatteva con ragioni altrettante e cavillose, sì che andarimo si e no una altra mezza ora. Il vostro signor conte fradello, come è da lui, non resse al tempo e sentii rumoregiar nelle porte e comparve lui, caminando spedito fino allo illustrissimo governatore con dietro li camerieri e giunto inanti a questo, e dopo un saluto che quasi non c’era, disse: «Zanino, ero in ansia per voi. Saria ora di parlar di certi soprusi che, in nome d’un alto prencipe si compiono». A quel mentre l’illustrissimo governatore si sforziò di sminuzzare barbugliando qualche parola al che il signor conte Pietro: «Signor mio, chi verità non cerca, verità non trova. Qui son le carte e in queste v’è la volontà di chi, per sinciero amore per questa città e in virtù di ciò, lasciò quelle grazie che altri – e ripeté – che altri si sforzian negare. Io credo che nessun uomo ch’ami la giustizia voglia toglier a un povero deffonto l’esatta sua propria volontà. Altri sanno di ciò e pochi ducati non possono valer un guasto che, intenderete, ben sarebbe maggiore. Signor mio, vi son schiavo. Zanino, venite». E girandosi se n’andò in lungo come era venuto, e io dietro che tremavo come un polesino. Sta di fatto ch’oggi è venuta una lettera nella quale si aggiusta la question delle grazie e così, dimani al più, ci metteremo in via per Udine.

Da questo episodio – straordinariamente ‘drammatizzato’ dal fido segretario – oltre il carattere si può anche arguire l’autorevolezza che Pietro era riuscito a conquistarsi nell’ambiente veneziano. Influenza che già aveva avuto modo di manifestarsi nel 1727 in una triste vicenda che aveva scosso l’intera società friulana del tempo.

Un cugino di Pietro, Francesco d’Arcano, di poco più giovane del Nostro – i due erano legatissimi, come fratelli – frequentava forse troppo assiduamente la bellissima Faustina Lazzari, moglie del luogotenente veneto Giulio Gussoni, il quale pensò bene di togliersi di mezzo il rivale pagando un sicario che sparò addosso al giovane all’uscita di Teatro (era il periodo di carnevale). Il povero Francesco fu subito soccorso ma morì poche ore dopo. Il fatto colpì anche il giovane Goldoni, allora a Udine, che così ne tratta nei suoi Memoires:[24]

Nous avions passé un carnaval bien triste et bien maussade; il étoit arrivé un accident affreux qui avoit mis la ville dans la consternation; un gentilhomme d’une ancienne et riche maison avoit été tué d’un coup de Fusil en sortant de la Comédie: on ne connoissoit pas l’auteur de l’assassinat; on le soupçonnoit, mais personne n’osoit en parler.

A testimonianza del grande legame che sussisteva fra Pietro e il cugino, rimane questa lettera scritta dalla madre dell’ucciso, Chiara Badoer:[25]

Padron mio colendissimo,

il Cecchino nostro è stato occiso. È la disperazione d’una madre alla quale è stata tolta la luce da li occhi che mi spinge a scrivervi, ben sapendo non darvi notizia ma cercando quel conforto che da altri assai poco sarebbe dato. Voi, che con Cecchino eravate da fratello, forse soltanto voi potete dividere quelle lagrime così acerbe che a dire poco si può comprendere. Venite, venite, vi preghiamo, ad alleviare tali e tante sofferenze, e a parlare di colui che così turpemente ci fu tolto.

Di Vostra Signoria illustr.ma come serva

Chiara Badoera Arcana

È facile comprendere come il fatto abbia colpito Pietro che si mette subito in azione per punire il mandante; impresa quanto mai difficile se si considera l’alta carica da questo ricoperta. Tuttavia, con opportune pressioni, riesce a far partire il processo con imputato il Gussoni che alla fine sarà assolto – oggi diremmo per insufficienza di prove – ma che verrà obbligato a lasciare anzitempo l’importante ufficio friulano[26].

Con la metà del Settecento, dopo un’ultima missione in Francia e una parentesi udinese, Pietro ritorna stabilmente a Venezia e qui muore nel 1760. Ancora una volta è lo Zanini che ci riporta quest’ultimo atto della vicenda terrena del Nostro: «Il 2 d’aprile di quest’anno 1760 morì in Venezia l’illustrissimo signor conte Pietro mio padrone d’età d’anni 62 et al dì d’oggi [3 aprile] venne sepelito in domo ne la tomba de li suoi antichi»[27].

Da alcune fonti si sa che suonava il flauto, il violino e il clavicembalo[28]. Inoltre lasciò un certo numero di composizioni in gran parte autografe sulle quali torneremo in breve. Delle prevedibili frequentazioni musicali che Pietro ebbe modo di coltivare nelle corti ove lavorò come diplomatico e soprattutto a Venezia suo luogo di soggiorno abituale, certe sono quelle che ebbe con Giuseppe Tartini, il quale gli dedicò la Sonata XVII (e da questa sappiamo del suo buon livello tecnico come violinista)[29] e con Georg Friedrich Händel che ricorda in una lettera datata Londra 22 maggio 1737:[30]

Nulla s’haverà più fin a la state di cose sublimi, penso, come l’opera passata, che giorni sono, con la compagnia di buoni amici di qua et anco pochi di francesi erimo in teatro [il Covent Garden di Londra] a sentir la Berenice [Berenice regina d’Egitto] del signor Hendel, d’una musica grande e bellissima e ben data e così l’apparati di buona pittura e buone macchine. Finita la recita e un pochetto più tardi Lui fu con noi a disnar in casa del Residente [veneto?] e stette fino a tre hore e più.

Ma soprattutto fu in relazione – o almeno questi rapporti sono più documentati – con il celebre cantante Carlo Broschi detto il Farinelli (1705-1782)[31].

I due si conobbero probabilmente a Venezia giacché l’ancor giovane sopranista nel 1725 si esibì nella Didone abbandonata di Tomaso Albinoni allestita al teatro San Cassiano e, oltre che a Venezia, si rividero probabilmente a Vienna (Pietro, come si ricorderà, vi fu dal 1729 al ’31, Farinelli cantò nel 1731), a Londra (il Nostro risiedette nel 1735-37 e nel ’42-’44, il cantante vi giunse nel 1734 chiamato dal suo maestro Porpora) e forse anche a Parigi (nel 1737 son documentati entrambi sebbene il soggiorno di Pietro a Versailles sembra sia stato piuttosto breve).

Nel periodo compreso fra il 1731 e il 1734, approfittando di un soggiorno veneziano del Farinellie forse del suo passaggio per il Friuli con destinazione Vienna – ove l’artista soggiornò, esibendosi con grande successo, nel 1731 – Pietro ebbe modo di allestire un’‘accademia’ musicale nel castello d’Arcano con il celebre sopranista. Terminata la parte ‘ufficiale’ del concerto – alla presenza del luogotenente veneto Nicolò Tiepolo e di buona parte della nobiltà friulana – Pietro, Farinelli e un ristretto gruppo di amici strumentisti ‘dilettanti’ continuarono a far musica nella vicina Brunelde, ove il cantante pernottò. In una carpetta di Esborsi extraordinarii nelli lochi di campagna, da 1730 va 1735[32], vi sono raccolte le spese sostenute «in Arcan [nel castello] e in Brunelde [nella casa dominicale] per occasione de la venuta del Farinello»: per il rinfresco, con «presiuti», «picioni», «artichjiochi», «pasticcierie», «aque limonate» e «rosate», &c.; per l’allestimento, con «candelle di ciera» e «altri lumi di più sorte», «telle per li frisi», «aparechio novo della camera per il Farinello in Brunelde», «regolar il cembalo ad Arcan», «aparechio e taoli in Arcan», «regolar la spinetta in Brunelde», «conzar alcuna mobilia»; soprattutto per i lavori di muratura e per la dipintura alla Brunelde del saloncino per renderlo più ‘alla moda’ – togliendogli l’austero aspetto voluto da Giovanni Nicolò d’Arcano tra Quattro e Cinquecento allorché ampliò quel settore dell’antico fortilizio – lavori che comportarono la riduzione dell’ambiente per ottenere un corridoio di disimpegno, il rifacimento in cocciopesto alla veneziana del pavimento originariamente in formelle laterizie, la realizzazione del controsoffitto e la nuova tinteggiatura a specchiature sagomate.

Per l’occasione venne verosimilmente scritta la Cantata per un amor fuggito che – sia pur aggiunta da mano (sebbene di poco) seriore – porta l’indicazione «per il Farinello | 1731» probabilmente riferentesi all’anno di composizione e quindi, se veritiera, confermando l’ipotesi di tale data per l’esibizione friulana del Cantante[33].

Prima di concludere, non si può non passare in rapida rassegna le composizioni superstiti del Nostro, già peraltro analizzate in altra sede cui si rinvia[34].

La cantata poc’anzi ricordata, su testo dell’amico poeta Paolo Rolli (1687-1765), e l’altra Allor che cinse Amor la vaga Clori su testo del fratello di Pietro, Girolamo[35], costituiscono le uniche due conosciute del Compositore che, stando ad un inventario parziale di parte della biblioteca e dell’archivio domestici risalente al 1780 circa, ne compose almeno otto[36].

In quella Per un amor fuggito, il testo della prima aria fa parte della nota lirica Solitario bosco ombroso mentre gli altri versi probabilmente furono composti per l’occasione. Destinata ad una voce di soprano con l’intervento di due strumenti non specificati – forse due flauti traversi (è in sol maggiore, tonalità ‘buona’ per il traversiere) o due violini – e basso continuo, è introdotta da una breve e brillante Sinfonia. La voce esordisce con il corto recitativo secco Questo di Tirsi è il pianto, nel quale il pastorello Tirsi, abbandonato da Filli, chiede consiglio e conforto alle selve per lenire il suo dolore, argomento che informerà l’intera composizione A questo recitativo segue l’aria dall’andamento pacato Dite almeno amiche fronde, ove a fianco della voce interviene uno solo dei due strumenti, il secondo recitativo secco Poi che solo e abbandonato e l’aria conclusiva No, per te non piangerò, di andamento vivace ed incisivo, nella quale si ritrovano affiancati entrambi gli strumenti accanto alla voce.

La destinazione di questa cantata per il Farinelli sembra essere pienamente confermata sia dalla grande estensione vocale richiesta all’interprete – da SOL3 a DO5 – sia dalla notevole agilità indispensabile nell’ultima aria.

Con analoga struttura, sebbene priva della sinfonia d’introduzione, si presenta la seconda cantata, anche questa per voce di soprano, due strumenti non specificati – due traversieri (è in re maggiore, tonalità ugualmente ‘comoda’ per tali strumenti) o due volini – e basso continuo, ma concepita in forma decisamente meno virtuosistica.

Il testo – anche questo come quello del Rolli di evidente ambientazione arcadica – descrive i piaceri amorosi dei due pastorelli innamorati Tirsi e Clori. Inizia con il recitativo secco Allor che cinse Amor la vaga Clori cui seguono l’aria cantabile Più presso al prato ameno, il recitativo secco Già sconsolato amante e l’aria conclusiva Lieto si ricongiunge ancor.

Legati all’ambiente domestico e in particolare destinati alla pratica musicale dei tre figli del fratello Girolamo sono gli Ozij armonici, raccolta di dodici piccole composizioni in un unico tempo per il clavicembalo datata 1740 e dedicata ai tre nipoti Antonio, Maurizio e Orazio che allora avevano dai tredici ai sei anni e che affettuosamente ricorda nella dedica:[37]

Carissimi Nipoti,

pensando essere la Musica parte indispensabile dell’educazione di ogni giovine patrizio, e parendomi voi naturalmente disposti a coltivar con frutti questo studio cui già a’ miei tempi io mi fui con tanto ardore applicato ottenendo tale e tanto diletto ch’ancor oggi ne proseguo l’applicazione con mio massimo godimento, voglio offrire a voi questi miei ozij armonici onde vi servano dopo lo studio più severo di svago e allegirimento.

Son dodici come li mesi de l’anno e in essi vi troverete sia il carattere allegro che quello malinconico ed in più una disposizione di danze che ancor oggi nelle nostre case vengono usate.

Aspetto, dunque, di veder fiorire la vostra ancor picciola pianta musica che, seminata tra li tasti del cembalo, potrà da voi esser trasportata ne li altri stromenti a seconda de la maggior inclinazione che vi parerà.

I primi cinque pezzi e gli ultimi due hanno soltanto l’indicazione di tempo salvo il III – un Adagio in la minore – che è definito «Lamento su la morte d’un rosignolo». I cinque brani dal VI al X, invece, sono raggruppati in una sorta di piccola suite dal titolo Le divertissement de Madame La Danseuse e portano ognuno l’indicazione di danza: VI. Gigue, VII. Sarabande, VIII. Gavotte, IX. Menuet, X: Forlane, alla fine siglati dalla scritta «Fin du divertissement»; il carattere è tipicamente di gusto francese, certamente un ricordo di ciò che aveva potuto sentire durante i soggiorni in quel paese. I dodici piccoli brani, dalla scrittura semplice adatta appunto ai fanciulli, pur utilizzando ancora il vaporoso periodare rococò, sono inseriti in schemi semplici e limpidi che anticipano quasi la compostezza neoclassica..

Nata ugualmente per un’occasione famigliare è la Sonata per flauto solo senza il basso composta per le nozze del fratello Girolamo con Margherita di Valvasone, celebrate nel 1725. Articolata nei consueti quattro movimenti come la maggior parte degli analoghi brani del tempo, alla fine è chiusa da una Furlana[38].

Tripartite, invece, sono le cinque sonate per strumento e basso continuo, superstiti di un’insieme di almeno dodici, raccolte – probabilmente dopo la morte di Pietro – dal fido segretario Zanini[39]. Iniziano tutte con un preludio cantabile che introduce al secondo movimento, di andamento veloce e dall’enunciato melico scandito e deciso e si concludono sempre con un tempo di danza che – contrariamente a quanto avviene in molta della produzione sonatistica coeva – per dimensione e carattere si avvicina molto alla forma originale effettivamente danzata. Non è nota l’epoca di composizione di queste sonate ma è improbabile si tratti di una raccolta organica, quindi circoscritta cronologicamente; infatti, nonostante la stretta coerenza formale che unisce i singoli lavori, il linguaggio compositivo si mostra decisamente più evoluto nelle sonate IV, VI e X[40].

Pietro incarna la tipica figura del ‘nobile dilettante’, che si dedica all’arte musicale non per professione ma per suo solo diletto: «Non so qual contento maggiore io provi se non nel far di musica, et in questo mi piace e sto solo. Se poi vi è qualche compagnia per transcorer qualche poco di tempo in conversazione e sia pure, ma non vorrei che il tempo mi s’involasse in ciarle che poco vagliono e poco lasciano. Basta, che sibbene voi vi divertite con altro, pur sapete quanto è bello e giovevole far di musica»[41].

di Maurizio d’Arcano Grattoni (da Arti e società in Friuli al tempo di Bartolomeo Cordans, Atti del Convegno, Udine, Forum, 2007, pp. 93-104).

Approfondimenti

[1] M. d’Arcano Grattoni, Di un friulano ‘nobile dilettante’: Pietro Grattoni d’Arcano (1698-1760), «Subsidia musica veneta», IV, 1983-1984, pp. 89-105; M. Santiloni, D’Arcano diplomatico e musico, «Messaggero veneto», 2 ott. 1998, Album friulano, p. II; A. Zanini, s.v., «Grattoni d’Arcano, Pietro», in Nuovo Liruti, c.s. Edite le seguenti composizioni: P. Grattoni d’Arcano, Sonata in sol maggiore per flauto solo, rev. di G. Motta, Milano, Concert Artist Society, 1976; Id., Sonata in sol maggiore per flauto solo, ed. crit. di M. d’Arcano Grattoni, Udine, Pizzicato, 1987; Id., Sonata VIII in la minore per strumento e basso continuo , ed. crit. di M. d’Arcano Grattoni, Udine, Pizzicato, 1987. Incise in CD: Sonata in sol maggiore per flauto solo (Stefano Bet, flauto), in Musiche à flauto solo dal Medioevo al Barocco, s.l., Antiqua, 1997; Sonata in sol maggiore per flauto solo (Luisa Sello, flauto) e Sonata VIII per strumento e basso continuo (Luisa Sello, flauto; Alvise Stiffoni, violoncello; Michele Liuzzi, clavicembalo), in Suite furlana, Campocroce di Mogliano Veneto (TV), Rivoalto, 2001; Sonata in sol maggiore per flauto solo (Stefano Bet, flauto), in Del sonar con ogni sorte de flauti, Venezia, Nalesso Records, s.d. [registr. 2001]; Sonata VIII per strumento e basso continuo (Guido Freschi, violino; Renato della Torre, virginale) e Cantata Per un amor fuggito per voce, due strumenti e basso continuo (solo il recitativo Questo di Tirsi è il pianto e l’aria Dite almeno, amiche fronde; Mirna Pecile, mezzosoprano; Sergio Zolli flauto; Clara Tondo, fagotto; Renato della Torre, virginale), in Antiche melodie e incanti natalizi, Udine, Forum Iulii, s.d.

[2] E. del Torso, Genealogia Arcano (d’), BCU, Genealogie del Torso. Il padre Antonio curò l’amministrazione dei beni famigliari, in particolare dedicandosi alla ristrutturazione della tenuta di Chiopris, mentre del nonno Pietro si sa che coltivò interessi letterarî essendo in relazione con i friulani Ciro di Pers ed Ermes di Colloredo e con il celebre Giovan Battista Marino (AdAG, Notizie intorno alli Sig.ri d’Arcano et alle famiglie da essi derivate degli Asquini, Grattoni, Moruzo, Giavons, ms. sec. XVIII).

[3] AdAG, Lettere, XIV.

[4] del Torso, Genealogia Arcano (d’)cit. Girolamo, come il padre, si dedicherà all’amministrazione dei beni famigliari, pur non disdegnando di comporre versi di ambientazione arcadica, alcuni musicati dal fratello Pietro (cantata Allor che cinse Amor la vaga Clori (AdAG, Musica, VI; su questa cantata si tornerà in séguito) mentre Nicolò percorrerà la carriera ecclesiastica divenendo canonico.

[5] Erudito e letterato di una certa levatura, la sua presenza in casa è documentata dalla ricorrenza del suo nome nei registri contabili domestici e da numerose lettere. Morì a Udine, nel palazzo Arcano di borgo Aquileia il 4 o 5 maggio 1756, come si apprende da una lettera del suo antico discepolo (e fratello minore di Pietro) Nicolò (AdAG, Lettere, XIX). Fu anche precettore dei tre figli di Girolamo (il fratello maggiore di Pietro), Antonio, Maurizio ed Orazio.

[6] AdAG, Libri spese domestiche, 1705-1706 («per la musica alli putti»); 1707-1708 («per la musica alli putti» e «per imparar musica»); 1709 («per la musica»); 1710-1712 («per imparar di cembalo»); 1713-1714 («per lettioni di musica»); 1715-1716 («per lettioni di musica»). Faceva parte della cappella musicale del duomo fin dal 1668 e vi rimase fino alla morte, spesso supplendo come mastro in periodo di vacanza di tale carica (G. Vale, La cappella musicale del Duomo di Udine, Gubbio, Odesi, 1937, pp. 61, 64 (estr. da: «Note d’archivio per la storia musicale», VII, 1930, pp. 87-216).

[7] AdAG, Libri spese domestiche, 1715-1716; 1717-1718; 1719-1720 («per lettioni di musica al sig. co. Pietro»). Paolo Benedetto Bellinzani (1690-1757), compositore originario di Mantova o Ferrara, dopo aver lavorato a Verona fu a Udine dal 1715 al 1721; in séguito fu maestro di cappella nel duomo di Pesaro (1724-1730) e di Urbino (1730-1734), poi fu a Fano, Orvieto e infine (1737) a Recanati ove rimase per un ventennio fino alla morte. Compositore nell’Accademia filarmonica di Bologna, è autore di numerosa musica vocale sacra e profana e di musica strumentale fra cui le note Sonate per flauto e basso continuo Op. III (Venezia, Antonio Bortoli, 1720 o 1728). Sulla permanenza a Udine: Vale, La cappella musicale del Duomo di Udine cit., pp. 87-216).

[8] Più esattamente l’ultimo versamento al Bellinzani data al 20 aprile 1719 (AdAG, Libri spese domestiche, 1719-1720).

[9] Con patti dotali stipulati in Venezia il 24 giugno 1699 Giovanni Nicolò di Francesco d’Arcano aveva sposato Chiara di Marc’Antonio Badoer (del Torso, Genealogia Arcano (d’) cit.).

[10] AdAG, Lettere XVIII.

[11] Infatti retribuzioni o rimborsi allo Zanini compaiono nei registri famigliari soltanto da quest’anno.

[12] Si sa per certo che almeno fino al 1778 si occupò dell’archivio e della biblioteca domestici giacché sue sono alcune annotazioni bibliografiche riferite a tale anno. In una lettera datata Udine 6 settembre 1784, Maurizio Grattoni d’Arcano informa il fratello Nicolò, che si trovava a Vienna, della morte dello Zanini «d’anni 82 in circa» avvenuta in Udine, verosimilmente nel palazzo di borgo Aquileia.

[13]Argomenti da ricordare, note d’importanza e frasi d’uomini celebri e di valor morale raccolte da me A[ntonio] Z[anino], ms. sec. XVIII, AdAG.

[14] AdAG, Lettere, XVIII, in data 8 marzo e 10 luglio 1729, 6 febbraio, 9 aprile e 8 agosto 1730, 16 febbraio 1731.

[15]Cantata | Per un amor fuggito | dell’Ill.mo Sig. il Sig. Co. | Pietro Grattoni delli Sig.ri d’Arcano | Patrizio d’Udene | Consigliere di Campo di Sua Maestà Federigo Augusto |Re di Polonia e Grande Elettore di Sassonia (AdAG, Musica, VI; su questa cantata si tornerà in séguito).

[16] AdAG, Lettere, XVIII, in data 8 aprile 1735, 18 gennaio e 10 giugno 1736, 9 gennaio 1737.

[17] AdAG, Lettere, XVIII, in data 8 marzo 1737. Dev’essersi fermato poco giacché scrive: «l’altrieri poi che siamo arrivati infredditi oltre dire per aver una carrozza poco buona e scomodissima ed aver corso su strade con buche e sassi ed altri incomodi ogni dove […] ripartiremo fra uno o due mesi al più».

[18] AdAG, Lettere, XVIII, in data 10 ottobre 1737.

[19] AdAG, Lettere, XVIII, in data 19 aprile, 20 luglio e 20 agosto 1739, 8 novembre 1740.

[20] AdAG, Lettere, XVIII, in data 6 febbraio, 15 giugno e 12 settembre 1742, 21 gennaio, 9 aprile e 20 agosto 1743, 10 gennaio, 29 marzo e 18 giugno 1744.

[21] AdAG, Lettere, XVIII, in data Venezia 14 marzo 1747, ove parla di un viaggio che di lì a poco intraprenderà per certi «negotii in Ongaria». Una lettera datata 26 giugno 1747 e indirizzata ad un certo Iseppo capomastro muratore, concernente una casa di Udine (copia in AdAG, Lettere, XVIII), il fratello Girolamo ordina di sospendere alcuni lavori «per esser mio fratello Pietro lontan in Ongaria».

[22] AdAG, Lettere, XVIII, in data 10 febbraio e 24 aprile 1750.

[23] AdAG, Lettere, XVIII, in data 24 giugno 1728.

[24]C. Goldoni, Memorie, a c. di G. Mazzoni, II, Firenze, G. Barbera, 1907, p. 94.

[25] AdAG, Lettere, XVIII, s.d.

[26] Sulla vicenda: Relazione dell’omicidio del Co. Francesco d’Arcano et morte del Co. Antonio suo cugino, BCU, ms. sec. XVIII, Fondo Principale 1006.I; A. Del Fabro, Criminali, sommosse e delitti del Friuli, Demetra, Colognola ai Colli, 2000. Così nella Relazione cit.: «Scendeva ben spesso la dama di Castello [=la moglie del luogotenente] alle volte in pubblico accompagnata dalle dame et alle volte in privato ma sempre però servita dall’Arcano né lasciavasi alcun divertimento senza di lui. Qual frequenza, notata da molti et considerata la gelosia del marito, fu dalli boni amici avvisato non solo ad astenersi ma anco a partirsi e levarsi di tal impegno […]. Continuò ogni sera tutto il carnevale a servirla et ogni sera l’accompagnò all’opera in teatro, et l’ultimo venerdì di carnevale, conforme al solito, stette con lei alla rappresentazione del Gran Sesostre, qual finita licenziossi et portavasi a Casa […] camminando sotto li portici verso la chiesa di Santa Maria Maddalena, quando fu alla casa Bianconi li fu sbarrata [=sparata] una pistola nella schiena da uno nascosto dietro una colonna che, abbruziatogli il tabaro et passatoli due balle sotto l’osso della spalla destra, lo distese in terra. Sentito lo tuono dal padre, madre et sorella che […] camminavano sotto l’altro portico, v’accorsero subito al di lui grido et lo trovarono disteso in terra, et accorsi li servitori con i lumi videro il cattivo spettacolo, et mandato in cerca de’ sacerdoti lo ritirarono intanto dalli Sig.ri Simeonibus et lo posero in letto. Vedute da chirurgi le ferite et giudicate irremediabili, gl’intimarono irreparabile la morte. Ricevé con ogni rassegnazione et compunzione li sacramenti et assolto et benedetto in articolo mortis dall’illustr.mo Dionisio patriarca passò nell’indomani circa l’Ave Maria all’altro mondo. Successo il caso, divulgato per la città, note le gelosie del luogotenente, nessuno credé non esser stato lui che l’avesse fatto uccider, et avendo cattivo credito di lui il popolo non mancò altro che il caso per far una sollevazione nel tempo che portavasi alla sepoltura». Del delitto si tentò dapprincipio d’incolpare un cugino di Francesco, Antonio d’Arcano, per i numerosi contrasti che erano intercorsi fra i due giovani, ma «alla fine poi giunse un fante del Consiglio dei Dieci et con ordine supremo intimò al luogotenente che rinunziasse la carica […] e si portasse alle carceri a Venezia»; inoltre si incarcerarono tre individui sospettati di essere coinvolti nell’assassinio. In séguito «fu libero et assolto il Gussoni ma da nessuno creduto innocente di questo fatto. In due lettere datate da Venezia 14 giugno e 29 settembre 1727 Pietro informa la famiglia degli sviluppi del caso (AdAG, Lettere, XVIII).

[27]Argomenti e fatti da ricordare, note d’importanza e frasi d’uomini celebri e di valor morale cit.

[28]Memoriale di antiq[u]ità di Casa Arcana cit.; Notizie intorno alli Sig.ri d’Arcano cit.

[29] Una copia in AdAG, Musica, VI.

[30] AdAG, Lettere, XVIII.

[31] Su Carlo Broschi detto il Farinelli (o Farinello): G.B. Mancini, Pensieri e riflessioni pratiche sopra il canto figurato, Vienna, Ghelen, 1774; G. Sacchi, Vita del cavaliere don Carlo Broschi (1784), a c. di A. Abbate, Napoli, Pagano, 1994; E. Scribe, Carlo Broschi. Nouvelle historique, Bruxelles, Meline, Cans et C.ie, 1839 (Carlo Broschi. Novella storica, trad. it. di L. Paonetti, Venezia, Longhi & Montanari, 1889); C. Ricci, Burney, Casanova e Farinelli in Bologna, Milano, Ricordi, 1890; l. Frati, Metastasio e Farinelli, «Rivista musicale italiana», XX/1, 1913; L. Frati, Farinelli in Bologna, «La cultura musicale», 1922; C. Ricci, Figure e figuri del mondo teatrale, Milano, Treves, 1920; F. Habock, Die Gesangkunst der Kastraten, Wien, Universal Edition, 1923; M. Bellucci, Qual è la patria di Farinelli?, «Il Musicista», 1937; R. Bouvier, Farinelli: le chanteur des rois, Parigi, Albin Michel, 1943; N.A. Solar quintes, Nuevas aportaciones a la biografia de Carlo Broschi, «Annuario musical», 1948; A. Heriot, The Castrati in Opera, London, Secker & Walburg, 1956 (I castrati nel teatro dell’opera, trad. it. di M.G. Testi Piceni, Milano, Rizzoli, 1962); A. Moroni, Il celebre cantante Farinelli alla corte di Parma, «Aurea Parma», 46/3, luglio-sett. 1962; A. Giovine, Carlo Broschi detto Farinelli, in Musicisti e cantanti di Terra di Bari, Bari, s.e. [tip. Mare], 1968; Id., Perché Carlo Broschi di Andria e non Napoletano era soprannominato Farinelli?, Bari, s.e., 1971;R. Freeman, Farinelli and his Repertory, in Studies in Renaissance and Baroque Music. In honor of Arthur Mendel, a c. di L.R. Marshall, Kassel &c., s.e., 1974; A.A. Abert, s.v. «Broschi» , in Die Musik in Geschichte und Gegenwart – Allgemeine Enzyklopädie der Musik, Kassel, Bärenteiter, 1949-79; A. Zapperi, s.v. «Broschi, Carlo», in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto della enciclopedia italiana, 1960; s.v. «Farinelli», in The New Grove’s Dictionary of music and Musicians, Londra, 1980; R. Bossa, s.v. «Broschi Carlo», in Dizionario universale della musica e dei musicisti, Le biografie, I, Torino, UTET, 1985, pp. 708-709. C. Vitali, Da schiavottiello a fedele amico. Lettere (1731-1749) di Carlo Broschi Farinelli al conte Sicinio Pepoli, Torino, 1992; B. Buscaroli Fabbri & M. Armellini, Corrado Giaquinto: ritratto di Carlo Broschi detto Farinelli, cat. della mostra (Bologna, 30 giu.-25 ott. 1998), Bologna, Musei civici d’arte antica [Ferrara, Sate], 1998 (Ospiti, 8); M.L. Musa, Da “Musico” a “direttore delle opere”: la carriera di Carlo Broschi Farinelli dall’Italia all’Europa attraverso il carteggio Pepoli, Lecce, Milella, 2002 (estr. da: «Ricerca Research Ricerche», 8, 2002, pp. 829-863); Il Farinelli a Bologna, cat. della mostra (Bologna, 6-30 apr. 2005), a c. di L. Verdi, Bologna, Centro studi Farinelli [Musiani], 2005.

[32] AdAG, Amministrazione, XXIV.6.Note varie. Anche se l’incartamento concerne spese sostenute nel quinquennio 1730-1735, il concerto deve essere avvenuto non prima del febbraio 1731, giacché Pietro fino a questo mese si trovava a Vienna, e non dopo la metà del ’34, poiché a questa data Farinelli era già arrivato a Londra.

[33]Cantata | Per un amor fuggito | dell’Ill.mo Sig. il Sig. Co. | Pietro Grattoni delli Sig.ri d’Arcano | Patrizio d’Udene | Consigliere di Campo di Sua Maestà Federigo Augusto |Re di Polonia e Grande Elettore di Sassonia. AdAG, Musica, VI. Il manoscritto è opera di copista coevo; Vi è anche una carta sciolta, con l’inizio della prima aria, autografa.

[34] d’Arcano Grattoni, Di un friulano ‘nobile dilettante’: Pietro Grattoni d’Arcano (1698-1760) cit.

[35] Sul frontespizio soltanto Cantata e la firma in basso «Pietro Grattoni de’ Sig.ri d’Arcano». All’interno carta sciolta con il testo letterario preceduto in alto da «di Girolamo». AdAG, Musica,VI. Il manoscritto e tutto autografo.

[36] Vengono infatti menzionate «Cantate 8 del qm Signor Co. Pietro» (AdAG, Notta delli armari et scanzie).

[37]Ozij Armonici | o sia | XII Suonatine et Danze | per il cembalo | dedicate alli nobili signori | Antonio, Maurizio, et Orazio | Arcani | da | Pietro Grattoni Co. d’Arcano | loro Zio |1740. AdAG, Musica, VI. Il manoscritto è opera di copista coevo.

[38]Sonata | à flauto solo senza il basso | composta dal nobile sig. | Pietro Grattoni d’Arcano | e da sonarse | per le illustrissime nozze | del | signor Co. Gerolamo Grattoni d’Arcano e della Sig. Co. Margherita di Valvasone; sotto gli stemmi appaiati Arcano (che ha i quarti del secondo del partito invertiti) e Valvasone. AdAG, Musica, VI. Il manoscritto è opera di copista coevo.

[39]Suonate XII | dell’illustrissimo signor conte | Pietro Grattoni de’Signori d’Arcano | diplomatico veneto | Raccolte da me Antonio Zanino. AdAG, Musica, VI. All’interno della carpetta si trovano le singole sonate, numerate I, IV, VI, VIII, X; sono tutte autografe tranne che l’indicazione del numero, di mano dello Zanini.

[40] Oltre alla produzione qui descritta, rimangono di Pietro alcuni lavori rimasti allo stato di semplici abbozzi o incompleti (l’inizio di un Miserere, frammenti di composizioni per violino solo, per tastiera, per strumento e basso continuo) distribuiti fra l’archivio famigliare e la Biblioteca civica di Udine.

[41] Lettera al fratello Girolamo, Venezia, 17 luglio 1738. AdAG, Lettere, XVIII.